Risposta alla (lucida) analisi di Lucia Annunziata
di Filippo Rossi
Inutile fare finta di niente: Lucia Annunziata, sul Riformista di oggi, pone un bel problema. Uno di quei grattacapi da rimanere a strofinarsi la zucca più del dovuto, indecisi tra il darle ragione su tutto e per tutto o l'argomentare in punta di penna, cercando di zigzagare tra le efficacissime “trappole” che la giornalista ha piazzato nel suo discorso. Annunziata ha avvertito Gianfranco Fini: “Attenzione al fighettismo di destra”. E ha spiegato, con un’analisi spietatamente lucida, che è arrivato il momento uscire da quella “bolla” fatta di libri, canzoni, citazioni e riflessioni culturali, in cui è stato rinchiuso il cosiddetto “finismo”. È arrivato il tempo di mettere da parte le promesse e puntare ai fatti. È tempo di politica, insomma. È tempo di azione.
«La stagione del rinascimento finiano – scrive Annunziata – ha fatto immaginare a una parte della società di entrambi i campi che la destra delle anticaglie autoritarie fosse alla frutta». Con una «vita intellettuale fra le più interessanti», con «giornalisti, filosofi, accademici, donne e uomini vivaci e soprattutto imprevedibili, intellettuali cross border che hanno attinto alla grande cultura della destra per reinterpretarla nel contesto della modernità», «la stagione finiana è vissuta anche dell’equivoco che potesse essere il superamento del berlusconismo». Equivoco che vacilla – spiega Annunziata – dopo il «brusco risveglio» della «sconfitta elettorale» alle Regionali. E che richiede, a maggior ragione, una fuga dalle chiacchiere.
Basta parole, è tempo di politica, esorta Annunziata. Potremmo lavarcene le mani rispondendo che giornalisti, intellettuali (i fighetti insomma) proprio questo fanno: chiacchierano. E proprio questo non fanno: politica. Ma sarebbe come nascondersi dietro un dito o mettere la testa nella sabbia. E siccome non abbiamo nessuna vocazione a fare gli struzzi, cerchiamo di rispondere per quel che ci riguarda alla provocazione di Lucia Annunziata. Quello che lei definisce il “rinascimento finiano” di una destra tranquilla che sa parlare con le parole delle regole e della legittimità è un processo che si fonda tutto sulle buone parole, su quella che Roberto Saviano definisce l'importanza delle buone parole. Perché le buone parole sono (anche) buona politica.
È stata una battaglia a tutto campo, quella per cercare di cambiare pelle a una destra che si pensava per forza cattiva, per forza maligna, per forza minoritaria. Una battaglia “fighetta” per cercare di aprire gli argini della società a una certa destra che continuava ad arroccarsi nel mito dei pochi ma cattivi. Qualcosa è successo, se stiamo qui a parlarne con Lucia Annunziata. Qualcosa è successo, se il “finismo” in questi anni è diventato la categoria condivisa di una possibile “nuova politica”, dei diritti e dei doveri. E del buon senso. E se qualcosa è successo molto del merito va sicuramente alle parole dette, alle prese di posizione, alle provocazioni, al “fighettismo”, insomma. Al cercare di parlare a tutti e non ai militanti. Nella convinzione che tutti sono più importanti di pochi. E se qualcosa è successo molto del merito va alla scommessa di non scommettere sul patriottismo di partito (o di popolo): evviva noi, abbasso gli altri. Ecco, per noi “fighetti”, tutto questo è fare politica. E siamo orgogliosi del lavoro fatto fin qui in piena e totale libertà, in piena e totale autonomia intellettuale.
È ora di fare altro? Di darsi una mossa, come dice Annunziata? Non lo sappiamo, sinceramente. E soprattutto poco ce ne importa. Non sta a noi deciderlo. Sappiamo però che tanta strada abbiamo fatto e tanta dovremo ancora farne. Proprio perché giornalisti e intellettuali non possono e non devono sostituirsi ai politici, ma devono comunque mettersi in cammino. Perché siamo – per riprendere la tua perfetta definizione – cross border, attraversatori di confini, nomadi di provenienza diversa, come si addice ai tempi “liquidi” in cui viviamo. Uomini di frontiera, emigranti dell'anima, siamo in mezzo al guado. E nel guado non esistono “ex”. Non si guarda indietro, si prova solo ad andare avanti per arrivare dall'altra parte del fiume. Per cercare e trovare nuovi compagni di strada. E nuovi amici. Solo a quel punto potremmo riposarci. Almeno per un po'.
13 aprile 2010
CREDITS: FFWebMagazine
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